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Bentley: un secolo fa alla 24 Ore di Le Mans

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Nel 1924 l’inglese Jeff Duff ed il francese Franck Clement vincevano la 24 Ore di Le Mans al volante di una Bentley. Sarebbe stato il primo di 6 successi (4 consecutivi). Alla grande classica francese.

Erano ammiratissimi e invidiatissimi. EranO i Bentley Boys: un magnate della finanza, un giornalista, un aviatore, un pilota professionista, un playboy, un dipendente della Bentley Motors Ltd, un fantino, un ingegnere… Erano i “ragazzi di Bentley”, come li chiamavano all’epoca. Quelli che correvano a Le Mans: vincevano in pista e poi tornavano a casa con le stesse auto con le quali avevanno gareggiato. Li scelse personalmente Walter Owen “W.O”. Bentley, il “gran patron” della Casa inglese, per correre sulle sue “Flying B”, i suoi gioielli a quattro ruote. Una ventina in tutto.

A Le Mans arrivarono quasi per caso. Alla prima edizione della maratona della Sarthe (1923) il capitano John F. Duff, che era anche concessionario della Casa di Cricklewood, si alternava al volante con Frank Clement, un dipendente della Bentley Motors Limited “prestato” per l’occasione dallo stesso “W.O.” Bentley. Duff, che nel 1923 fece segnare anche il record della pista alla media di 103,700 km/h, tornò a Le Mans l’anno seguente e vinse con la stessa vettura e con lo stesso compagno. Fu la prima di cinque vittorie Bentley nel giro di sette anni, sei vittorie che hanno tenuto alta l’immagine della Casa inglese (1924, 1927, 1928, 1929, 1930, 2003.

Da allora Bentley partecipò ufficialmente alla corsa francese, ma per due anni collezionò solo ritiri. L’edizione del 1925, in particolare, si rivelò un completo fallimento e l’azienda inglese subì pesanti contraccolpi finanziari. La soluzione temporanea fu l’acquisto di quasi tutte le quote della Bentley Motors Limited da parte di Barney Barnato, padre di Woolf, uno dei Bentley Boys. La partecipazione di “W.O” si ridusse al 2% delle azioni ordinarie ed al 4% di azioni privilegiate.

L’iniezione di capitali freschi portò risultati positivi. Nel 1927 il dottor Dudley Benjafield ed il giornalista di “Autocar” Sammy Davis riportarono la Bentley alla vittoria, guidando una 3,0 Litre Super Sport soprannominata “Old Number 7”.

Il futuro apparteneva però alla 4,5 Litre perché, secondo “W.O.” Bentley, «there’s no replacement for displacement» (non c’è alternativa alla cilindrata). La 4,5 litri era in pratica un’evoluzione della precedente 3 litri con la quale aveva in comune il telaio, le sospensioni a balestre semiellittiche ed i freni sulle quattro ruote. La pista diede ragione a Bentley. Nel 1928 la “Old Mother Gun” vinse la corsa con Woolf Barnato e Bernard Rubin.

Sebbene Walter Owen Bentley disdegnasse i motori sovralimentati, i Bentley Boys (ed in particolar modo Henry Birkin ne caldeggiarono l’adozione per aumentare la potenza del motore. Per questo motivo, a Welwyn Garden City, nelle officine di Birkin, fu allestita nel 1929 la prima “Bentley Blower” con compressore Roots all’esterno del cofano motore. La potenza saliva da 130 CV a 175 CV.

Le aspettative per l’esito della gara erano grandi, ma la vettura non disponevas dell’affidabilità necessaria per la corsa ed i consumi erano elevati. Nel 1929 la vittoria andò così alla Speed Six equipaggiata con un nuovo 6 cilindri in linea di 6,5 litri e un cambio a 6 marce guidata da Woolf Barnato e da Henry Birkin c. Woolf Barnato e la Speed Six “Old Number One” (ed il pilota Glen Kidston) si ripeterono nel 1930

Dopo una pausa di quasi 70 anni, nel 2001, la Bentley (che nel frattempo era entrata a far parte del gruppo VW) tornò a Le Mans con la EXP Speed 8, un prototipo con carrozzeria chiusa, cambio trasversale sequenziale a 6 marce elettropneumatico, telaio monoscocca in fibra di carbonio con rinforzi, sterzo servoassistito elettricamente, freni a disco in materiale carboceramico. La vettura partecipò a tre edizioni consecutive della corsa classificandosi terza e quarta assoluta nelle prime e conquistando i primi due posti nel 2003 con Rinaldo Capello, Tom Kristensen e Guy Smith davanti ai compagni di squadra Mark Blundell, David Brabham e Johnny Herbert.

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